In un precedente articolo vi abbiamo illustrato i risultati di una ricerca condotta sul territorio italiano a tema lavoro e disabilità. Oggi invece vogliamo allargare il quadro parlandovi della prima edizione del World Report on Disability, un documento prodotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità in collaborazione con la Banca Mondiale. La ricerca ha l’obiettivo di fornire una panoramica omnicomprensiva sututti gli aspetti della vita quotidiana delle persone portatrici di handicap, dalla sanità all’istruzione, dal lavoro ai servizi dedicati, in giro per il mondo.
Veniamo al dato saliente del World Report on Disability. In Italia sono circa 300.000 le persone disabili nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 74 anni ad avere un lavoro, ossia il 16% dei disabili, mentre se consideriamo la popolazione nel suo complesso la percentuale di chi ha un’occupazione lavorativa sale al 49%.
Facendo un paragone ad esempio con Zambia e Malawi, le percentuali dei disabili che lavorano salgono al 45,5 e al 42,3%. Tralasciando i vari fattori in gioco nei Paesi africani, in Italia si è arrivati ad avere il classico cane che si morde la coda: lo Stato taglia i servizi per chi ha un handicap lasciando sole le famiglie, e i disabili, cui viene impedito l’accesso al mercato del lavoro, pesano sempre di più sui bilanci familiare e statale.
Dal lato delle aziende, pesano invece sia l’ignoranza delle norme riguardo l’assunzione di lavoratori con disabilità (per i quali potrebbero usufruire di sgravi fiscali), sia una superficialità che li porta a “non voler avere problemi”. Insomma, una mancanza di cultura che lascia questa parte della popolazione a se stessa, tra burocrazia e arretratezza.
Le stime dell’Organizzazione Internazionale per il lavoro dicono che, se i disabili venissero inclusi nel sistema, nel mondo si potrebbero guadagnare importanti punti di PIL. Aspetto che all’Italia fa comodo continuare ad ignorare.